Ridateci la Lazio che fa sognare…
C’erano tempi in cui bastava indossare la maglia biancoceleste per sentire il battito del cuore accelerare, per sentire che quella non era una squadra come le altre. Tempi in cui la Lazio Cragnottiana faceva tremare l’Europa, in cui il nome “Lazio” evocava rispetto, orgoglio e appartenenza. Tempi in cui ogni tifoso sapeva che, entrando all’Olimpico, avrebbe visto una squadra costruita per vincere, non per “galleggiare”.

Oggi, purtroppo, quello spirito sembra essersi spento.
Non nei cuori dei tifosi — quelli veri ancora si alzano la domenica con la sciarpa biancoceleste al collo e corrono a riempire gli stadi …Quelli che fanno ancora tanti abbonamenti — ma in tutto ciò che circonda questa società gestita alla “viva il parroco”. La Lazio di oggi appare come una barca che naviga a vista, più attenta ai bilanci che ai sogni, più preoccupata di chiudere in attivo che di aprire un ciclo vincente.
Sia chiaro: nessuno nega l’importanza della stabilità economica. Dopo gli anni delle spese folli, e dei libri in tribunale, mantenere i conti in ordine è una virtù. Ma una società di calcio non vive solo di conti, vive di emozioni. E il tifoso laziale, quello che ha visto Verón, Nedvěd, Nesta, Mancini, Simeone, Mihajlović, Boksic, non può accontentarsi di vivacchiare a metà classifica o di rincorrere un quarto posto (ormai pura utopia) come fosse uno scudetto…e ancor peggio Assistere alla crescita dei nostri “odiati” romanisti che da due anni ci guardano con sarcastica commiserazione.
Da troppo tempo la Lazio sembra aver smarrito la propria ambizione. Oggi realtà come Napoli (ormai Big Mondiale), Como, Bologna, Fiorentina e Torino investono più della nostra società, dimostrando una volontà di crescita che un tempo era marchio di fabbrica biancoceleste.
Il calcio, nel frattempo, è cambiato profondamente: la Serie A di oggi è ben lontana dai costi di gestione dei primi anni Duemila.Il valore dei calciatori è ormai schizzato alle stelle, e ciò che un tempo rappresentava un investimento alla portata della Lazio oggi è diventato un lusso proibito per le limitate possibilità economiche di Lotito.
Giocatori come Felipe Anderson o Milinković-Savić, acquistati a suo tempo per 9-10 milioni, oggi sarebbero irraggiungibili per le casse biancocelesti.
Nel calcio di oggi, persino l’arrivo di profili esperti e di caratura internazionale — come furono Klose, Leiva o Pedro — appare sempre più difficile, complice la concorrenza dei campionati arabi, capaci di offrire cifre che nessuna società italiana di medio livello può eguagliare.
E questa è la fotografia più chiara di un ridimensionamento che fa male a chi, come noi, ha conosciuto e vissuto un’altra Lazio: quella che sognava, che osava, che voleva stare tra le grandi.
Ogni estate il chiacchierone parla di “programmazione”, di “progetto”, ma poi ci si ritrova con una rosa corta, sempre con meno leader e campioni, e un pubblico che fatica a riconoscersi in una squadra con poca qualità che non trasmette più quella fame, quella voglia di primeggiare.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una gran parte di tifoseria risulta stanca, disillusa, che lentamente si sta impoverendo di nuove generazioni di tifosi. Non perché non ami più la Lazio — questo mai — ma perché non riesce più a sognare. E senza sogni, il calcio perde il suo senso più profondo.

Noi di “Quelli di Sempre” ricordiamo bene i giorni di gloria: la Coppa delle Coppe, lo Scudetto del 2000, la Supercoppa Europea vinta contro il Manchester United. Ricordiamo quando ogni bambino di Roma voleva essere Nesta o Salas, quando lo stadio era una festa, e il biancoceleste sventolava ovunque. Quella era una Lazio che faceva innamorare, non solo i suoi tifosi ma tutto il mondo del calcio.

Oggi chiediamo una cosa semplice ma essenziale: ridateci la Lazio che fa sognare.
Ridateci la sensazione di poter competere, di poter tornare a guardare le grandi squadre negli occhi.
Non vogliamo illusioni, ma visione. Non vogliamo proclami, ma fatti.
Perché la nostra fede non si misura nei bilanci, ma in ciò che proviamo noi tifosi… anche veder volare Olimpia era un piacere…. quell’aquila oggi non vola più .
Noi saremo sempre qui — a Fiumicino, a Roma, in ogni angolo del mondo — a cantare “Forza Lazio carica!”.
Ma agognamo il giorno in cui quella voce tornerà a farsi sentire potente, come ai tempi di Cragnotti, quando la Lazio era orgoglio, potenza e identità.
Noi non vogliamo sopravvivere.
Noi vogliamo tornare a Primeggiare!
Lazio Club Fiumicino – quelli di sempre
Davide Barillà

